L’impatto ambientale di un edificio. La carbon footprint e gli edifici a energia quasi zero

La maggior parte degli edifici costruiti ha un’impronta di carbonio positiva, dannosa per l’ambiente e inquinante. Per ridurre la carbon footprint è nato un nuovo parametro il cui acronimo è nZEB, Edificio a Energia Quasi Zero.

La carbon footprint (letteralmente, “impronta di carbonio”) è un parametro che viene utilizzato per stimare le emissioni di gas serra causate da un prodotto, da un servizio, da un’organizzazione, da un evento, da un individuo. Sono espresse generalmente in tonnellate di CO2 equivalente ovvero prendendo come riferimento per tutti i gas serra, l’effetto associato alla CO2 assunto pari a 1. Secondo le indicazioni del Protocollo di Kyoto, i gas serra che devono essere presi in considerazione sono:

  • anidride carbonica (CO2, da cui il nome “carbon footprint”); metano (CH4);
  • ossido nitroso (N2O);
  • idrofluorocarburi (HFC);
  • perfluorocarburi (PFC);
  • esafloruro di zolfo (SF6).

La CO2 equivalente misura l’impatto dei cambiamenti climatici su una quantità di gas serra, rispetto alla stessa quantità di anidride carbonica (CO2). Ad esempio, CH4 (metano) ha una quantità di 23 grammi di CO2e. Ciò significa che l’emissione di un grammo di metano nell’atmosfera equivale a 23 grammi di CO2. Il biossido di carbonio, il metano, il protossido di azoto e i clorofluorocarburi sono tra i gas serra più dannosi. Per questo motivo sono state imposte restrizioni e limitazioni all’uso di questi gas. Ad esempio, nei paesi industrializzati alcuni refrigeranti come clorofluorocarburi, halon, idroclorofluorocarburi, 1,1-1 42 tricloroetano e idrocarburi-fluoro-carboni, precedentemente utilizzati per frigoriferi o pompe di calore, sono stati banditi.

Utilizzando la metodologia LCA (Life Cycle Assessment), possiamo prevedere o altrimenti analizzare l’impatto ambientale di un bene o servizio, studiare come i processi di produzione possano essere migliorati per estendere la vita utile del prodotto – quindi inviarlo in discarica il più tardi possibile – o, ancora una volta, ridurre la quantità di materie prime per ottenere l’oggetto finito.

A questo proposito, nuove idee e possibilità sono:

  • produzione di energia da fonti rinnovabili (vento, solare, biomassa, energia idroelettrica, geotermica, moto ondoso);
  • studi relativi a edifici con energia netta (o quasi) zero (ZEB: Zero Energy Building o ZEB: edifici a energia quasi zero);
  • materiali a cambiamento di fase, ZEB Zero Energy Building.

L’Edificio a energia quasi zero e la casa bioclimatica

Gli edifici a energia quasi zero sono così chiamati perché il bilancio energetico netto tra i flussi di energia in entrata e in uscita è zero. Bilanciando a zero il livello di energia in entrata e in uscita dall’edifico, è possibile raggiungere il livello desiderato di qualità ambientale relativo a ventilazione, illuminazione, carichi interni, ecc.

La casa bioclimatica è connessa in modo bidirezionale alla rete di energia e l’utente diventa non solo un consumatore, ma anche un produttore di energia che, con un neologismo, può essere sintetizzato con il termine prosumer.

L’idea non è di creare un singolo edificio nZEB ma un “cluster”, un insieme di edifici con zero energia netta, in grado di dialogare positivamente in termini di flussi di energia in entrata e in uscita.

Per creare un edificio efficiente energicamente non è necessario rinunciare all’idea di comfort, ma è indispensabile un approccio comune tra geologi, ingegneri, architetti e meteorologi per raggiungere i migliori risultati in termini di edifici a energia quasi zero. Tuttavia, bisogna avere la consapevolezza che un edificio nZEB standard, con caratteristiche costruttive uniche per tutti, è impossibile da realizzare alla stessa maniera in tutte le parti del mondo.

Pur applicando un metodo universale per costruire edifici efficienti dal punto di vista energetico, per costruire edifici a energia quasi Zero è necessario elaborare il progetto caso per caso. L’idea di base è di partire dall’involucro edilizio, dalla pelle dell’edificio per progettarlo a partire dallo studio della posizione geografica del sito. Ad esempio, a seconda della sua posizione, l’edificio avrà superfici vetrate oppure opache, disposte in modo appropriato, di una certa dimensione e con una stratigrafia dipendente dalle condizioni climatiche e di contesto.

Le caratteristiche termofisiche degli edifici secondo il contesto

Non esiste un edificio standard che possa avere lo stesso livello di efficienza energetica in qualsiasi parte del mondo. In un luogo con temperature fredde sarà opportuno inserire poca massa termica e molto isolamento, rispetto a un edificio costruito in luoghi caldi che sarà caratterizzato da molta massa termica e poco isolamento.

In termodinamica, per inerzia termica si intende la capacità di un materiale o di una struttura di variare più o meno lentamente la propria temperatura, in risposta a variazioni di temperatura esterna o ad una sorgente di calore o di raffreddamento interno.

Il concetto è in piena analogia con l’inerzia nel moto dei sistemi meccanici, dove l’energia meccanica è l’equivalente dell’energia termica. Le superfici trasparenti dell’involucro dell’edificio sono un elemento critico per il comfort microclimatico e per il bilancio energetico degli edifici.

Le aree vetrate, da un lato, devono garantire il contatto con l’esterno e l’ingresso della radiazione solare, mentre dall’altro lato devono costituire una barriera termica. Considerando un clima desertico, ad esempio quello egiziano, caratterizzato da forti variazioni di temperatura tra mattina e sera, è consigliabile non disporre le superfici vetrate verso sud e studiare il fattore WWR, rapporto finestra-parete, in modo appropriato.

Le superfici vetrate, rispetto alle superfici opache, saranno notevolmente ridotte e la trasmissione del calore per conduzione ridotta al minimo. La stratigrafia potrebbe riprendere gli stili ingegneristici delle chiese gotiche con la massa termica realizzata in modo da non solo attenuare l’onda di calore ma anche spostarla.

La stratigrafia ideale sarebbe: tufo o pietra arenaria, malta e gesso. Approssimando il comportamento dell’onda termica a un’onda sinusoidale e immaginando una data temperatura esterna, quando l’onda sta attraversando il muro si stira, in modo tale che all’interno della casa il picco termico si sposti, ad esempio, di dodici ore.

In questo modo, la temperatura più alta del giorno all’interno della casa sarà la sera, mentre all’esterno sarà più bassa e sarà possibile procedere con la ventilazione naturale.

Naturalmente, è importante tenere presente che le superfici più piccole vetrate, offrono meno luce naturale alla casa.

Sebbene sia consigliabile praticare la ventilazione naturale quando la temperatura esterna è inferiore alla temperatura interna (almeno in estate), bisogna comunque evitare di raggiungere la condizione di “edificio malato”. In ogni caso, bisogna effettuare cambi d’aria per garantire le condizioni igienico – sanitarie minime e un compromesso tra le due esigenze dev’essere trovato. Gli appartamenti saranno caratterizzati da ampi balconi e ostruzioni, per sfruttare l’ombreggiatura.

Al contrario accade in luoghi con clima boreale o nivale, dove l’aumento della massa termica non ha senso e diventa consigliabile isolare termicamente l’edificio con legno o polistirolo espanso o con lana di roccia. In questo caso, il WWR sarà il massimo consentito. Quindi, l’edifico sarà caratterizzato da grandi superfici trasparenti e idealmente rivolte a sud, con finestre doppie o triple intervallate da uno strato di aria, argon o kripton (è vietato esafluoruro di zolfo in alcune giurisdizioni), con un coefficiente di Grashoff per garantire l’immobilità del fluido al fine di non innescare le cellule convettive che annullerebbero la bontà dell’isolamento.

Balconi, ostruzioni e tutti gli elementi di ombreggiatura saranno assenti o di dimensioni trascurabili. Per non generare un’edificio malato la ventilazione verrà eseguita durante le ore più calde della giornata, probabilmente intorno a mezzogiorno.

L’edificio Heliotrope di Rolf Disch a Friburgo ottimo esempio di casa bioclimatica.

Heliotrope, Friburgo

L’edificio Heliotrope progettato da Rolf Disch nel 1994 e stato costruito a Friburgo, una città con una temperatura media annua di circa 10 ° C (Fig. 6). L’edificio ha una forma cilindrica ed è stato costruito con elementi modulari in legno, materiale naturalmente riciclabile, fissato a una struttura centrale che contiene tutti gli impianti compresa la scala a chiocciola e il motore elettrico.

Il motore elettrico ruota l’edificio di due gradi ogni dieci minuti, consentendo la massima ottimizzazione dell’irraggiamento solare. In pratica, la struttura ruota come un girasole inseguendo il sole per catturare il massimo di energia solare disponibile. I pannelli fotovoltaici si inclinano automaticamente in base alla posizione del sole, producendo energia cinque volte più del necessario, il che garantisce una sorgente geotermica, una unità di cogenerazione (CHP) e collettori solari per la produzione di acqua calda. Inoltre, le finestre spesse garantiscono l’illuminazione naturale e il contributo dell’energia termica necessaria per raggiungere condizioni di comfort.

L’Heliotrope è la prima casa bioclimatica al mondo che produce più energia di quanta ne usi, grazie alla costruzione innovativa che ruota fisicamente per massimizzare l’approvvigionamento solare. Disch ha sviluppato il concetto di Plus Energy, un obiettivo permanente che fa sì che i suoi edifici producano più energia di quella che consumano, per vendere quella in eccesso e reinserirla nella rete.

Possiamo considerare questo esempio tra le migliori pratiche costruttive sostenibili, perché gli interventi realizzati mostrano come sia stata raggiunta la sintesi perfetta tra protezione ambientale, comfort abitativo e tecnologie innovative. Realizzare questi edifici in luoghi caratterizzati da un clima caldo e da irradiazione solare diretta, renderebbe il massimo dell’energia solare assicurando la sostenibilità ambientale e ottenendo la capacità di fare previsioni a medio-lungo termine sul futuro energetico del nostro pianeta.

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