Una tecnica elaborata dalla NASA e in fase di sviluppo per realizzare edifici ad efficenza energetica, consiste nell’utilizzo di materiali edili a cambiamento di fase. Questi materiali innovativi sono una buona soluzione da impiegare in architettura sostenibile. Essi infatti rappresentano un sistema interessante e intelligente per mitigare le fluttuazioni quotidiane delle temperature ambientali e quindi ridurre il consumo di energia degli edifici.
I materiali a cambiamento di fase possono essere utilizzati sia per migliorare le prestazioni delle soluzioni di sistema in modo isotermico – definendo il calore latente la quantità di energia scambiata durante una transizione di fase, per esempio nei sistemi e durante le fasi di riscaldamento e raffreddamento – sia per migliorare le prestazioni nell’involucro dell’edificio.
I PCM sono già utilizzati nella realizzazione dei materiali per involucro edilizio e inseriti in pannelli in cartongesso o in legno, negli intonaci, nei sistemi di facciata vetrati, nei pannelli in plexiglass, negli isolanti termici, o negli impianti di riscaldamento e di raffrescamento passivo, collettori solari e scambiatori di calore.
Il funzionamento dei materiali edili a cambiamento di fase
I materiali a cambiamento di fase PCM funzionano grazie alla loro capacità di accumulare calore latente. I PCM sono materiali accumulatori di calore latente, che sfruttano la transizione di fase per assorbire i flussi energetici in entrata. Hanno una temperatura di fusione tra 296.15 K e 299.15 K, un elevato calore di fusione e sono conduttori poveri allo stato liquido e allo stato solido.
I PCM immagazzinano un’elevata quantità di energia e mantengono costante la propria temperatura. Sono solidi a temperatura ambiente, ma quando la temperatura sale e supera una certa soglia, si liquefanno accumulando calore latente di liquefazione, che viene sottratto all’ambiente. Il fenomeno inverso si verifica quando la temperatura scende e il materiale si solidifica, cedendo calore latente di solidificazione.
La limitazione e il controllo dell’aumento della temperatura, soprattutto durante l’estate, non si ottiene solo con i corpi schermanti o le superfici vetrate selettive, ma anche con l’azione di non surriscaldamento degli stessi materiali da costruzione. Questi materiali PCM possono essere incapsulati o inseriti in matrici porose, come capsule in cera. Durante la fase di transizione dovuta all’aumento della temperatura ambientale, la cera si liquefà e il calore è sottratto all’ambiente interno. Viceversa, quando la temperatura scende le palline di cera si solidificano e rilasciano calore in ambiente.
Vantaggi e svantaggi delle fonti energetiche alternative al fossile per l’efficientamento energetico degli edifici
Il principale vantaggio legato all’uso dei materiali edili a cambiamento di fase è quello di consentire un comfort termico ottimale, sia in inverno che in estate, grazie al mantenimento della temperatura vicina al punto di fusione, comunemente compresa tra 18 e 25 gradi. Fondamentalmente, questo si traduce in un buon comfort climatico anche quando il sistema di climatizzazione è spento. Con il sistema acceso è possibile ridurre la potenza o sfruttare gli slot alla velocità più bassa. Risultati più che positivi sono stati ottenuti aggregando nanosfere PCM in cartongesso e pannelli di legno, in pasta di gesso, in sistemi di facciate trasparenti (sia smaltate che in plexiglass), nonché in vari isolamenti termici (pannelli, lastre, inerti spruzzati, ecc.). Buoni risultati si sono ottenuti nell’uso in sistemi di riscaldamento e raffreddamento passivi, collettori solari e scambiatori di calore.
Ci sono anche alcuni PCM derivati da composti inorganici, come soluzioni saline (sali idrati). I sistemi di contenimento utilizzati per questi materiali a cambiamento di fase sono l’incapsulamento macro e micro, oltre all’immersione in matrici porose. Le capsule hanno un diametro di 2-20 μm e sono comunemente inserite all’interno di pannelli trasparenti in polimetilmetacrilato, molto resistenti anche in presenza di spessori molto ridotti.
Alcuni aspetti dei materiali a cambiamento di fase riducono le loro possibilità di impiego massivo e contengono la loro diffusione. Essi sono:
- la complessità dei tempi di pianificazione e di applicazione
- la necessità di imballaggi capaci di contenere materiale liquido;
- la necessità di particolari condizioni termiche
- la temperatura giornaliera che deve superare il punto di fusione, 18/25° in modo da consentire il cambio di fase, e quindi scendere al di sotto del punto di fusione per iniziare un nuovo ciclo il giorno successivo
- il rischio di infiammabilità, quindi il loro uso può essere limitato solo a piccole porzioni di componenti
- la loro stabilità nel tempo limitata a circa 20 anni
- il costo di realizzazione.
La ricerca scientifica svolge un ruolo fondamentale nella progettazione di strategie efficaci per raggiungere livelli più stabili, per implementare l’uso di materiali innovativi nella costruzione. I primi studi sul ciclo di vita del PCM sembrano essere incoraggianti. Inoltre, con la metodologia LCA ben consolidata, abbiamo buoni parametri di riferimento per capire quanto impatto ambientale sostenibile può avere un bene o un servizio, oltre il quale si possono giustificare eventuali elevati costi di produzione.
In una realtà minacciata dai cambiamenti climatici, è impensabile continuare a produrre energia, che consumiamo in gran parte negli edifici, esclusivamente con combustibili fossili.
Tuttavia, così come per i PCM anche per le fonti rinnovabili erroneamente si potrebbe pensare che l’utilizzo porti solo vantaggi. Questo non sempre è vero, perché incidono i costi e le modalità di produzione inquinanti, oppure la fonte non è costante nel tempo. Basti pensare al vento, necessario per il funzionamento delle turbine eoliche, ma in assenza di vento a una certa velocità, non c’è produzione di energia.
L’alternativa è il sole che è sempre presente, ma a seconda della posizione dei siti potrebbe non essere conveniente installare sistemi fotovoltaici, che convertono energia solo in presenza di radiazioni dirette. In alcuni casi è preferibile l’uso di collettori solari, perché sono sensibili anche alle radiazioni diffuse. Pertanto, ad esempio nelle aree tropicali, i collettori solari sono preferibili rispetto ai pannelli fotovoltaici. Inoltre, a parte l’incertezza della fonte, è necessario considerare anche l’impatto del processo produttivo dei materiali innovativi.
Il caso della Cina e il suo mix energetico
La Cina produce tutti i pannelli fotovoltaici venduti in Europa. Il mix energetico cinese è attualmente sbilanciato sulle fonti fossili, sebbene con prospettive di cambiamento entro il 2040. Ciò significa che l’utilizzo di fonti fossili per la produzione di sistemi di alimentazione solare, abbinato all’utilizzo di acido solforico e acido fosforico impiegati nel processo di fabbricazione, producono comunque un’impatto sull’ambiente.
Inoltre, sebbene durante la vita utile delle celle delle centrali, che è di circa venti anni, sono assenti emissioni di CO2, nel momento di dismissione della centrale fotovoltaica l’impatto sull’ambiente diventa negativo, perché il silicio utilizzato nelle celle è un materiale altamente inquinante. Ed ancora, non essendo le centrali elettriche fotovoltaiche ad alta densità, occupano molto spazio rispetto a una tradizionale centrale elettrica a combustibili fossili.
Quindi, nell’efficientamento energetico degli edifici, proprio come per gli aspetti dei materiali a cambiamento di fase, anche per i sistemi di produzione dell’energia da fonti rinnovabili bisogna considerare:
- l’incertezza della fonte
- l’impatto della produzione di energia sull’ambiente
- l’impatto dello smaltimento sull’ambiente
- la bassa densità di energia degli impianti
D’altra parte, i vantaggi su cui concentrarsi sono:
- l’assenza di emissioni nell’atmosfera di gas che alterano il clima durante la fase di utilizzo;
- l’indipendenza energetica dagli altri paesi;
Anche per questo è comunque utile pensare di poter raggiungere un efficiente mix energetico per i sistemi di produzione di energia e per l’abbattimento dell’inquinamento degli edifici, con l’utilizzo di materiali a transizione di fase per l’involucro edilizio o delle superfici vetrate a bassa emissione.